Raccolgo lo spunto proposto uno di voi per analizzare la case history di GROM la catena di gelaterie nata a Torno nel 2003 dall’idea imprenditoriale di due giovani Guido Martinetti e Federico Grom, quello che ha dato il nome alla società.
In poco tempo GROM ha costruito il suo successo grazie al posizionamento basato sul claim “il gelato come una volta” e su valori come naturalità, qualità delle materie prime, etica, attenzione al consumatore e ad offrire un’esperienza diversa da quella delle solite gelaterie, più ricercata e da gourmet. E siccome “il marketing è una battaglia di percezioni non di prodotto”, grazie al sapiente utilizzo del marketing e senza alcuna competenza di prodotto i due imprenditori sono riusciti fare il gelato “più bono del mondo” com’era nei loro sogni. Possiamo anche dire che sono stati i primi a costruire una vera e propria marca di gelaterie in Italia.
Nel 2015, per avere un supporto finanziario adeguato a conquistare nuovi mercati i due fondatori hanno ceduto delle quote della società a Unilever (la stessa del gelato Algida per intenderci) pur restando alla guida dell’azienda. Da allora GROM ha perso il fascino di un’impresa Made in Italy diventando di fatto di una multinazionale. Non solo, di recente sono comparsi prodotti a marchio GROM in GDO: barattoli di gelato e ghiaccioli dal packaging molto curato, ma poco coerenti con quanto raccontato fino ad ora dal brand.
Io credo che il posizionamento dell’azienda sia stato completamente svuotato del significato che si era conquistato e il marchio sia apparso incoerente con la sua promessa. Nonostante il bellissimo spot di recente andato in onda in tv che, forse non a caso, ora parla di gelato IMPERFETTO!
E voi cosa avreste fatto al posto dei due fondatori di GROM? Avreste ceduto alla tentazione di crescere o sareste rimasti fedeli alla mission iniziale?
Valentina Lanza