Già da alcuni anni io non mangio carne, per motivi di natura etica, e questo mi ha portato ad essere molto più attenta a tutte le alternative vegetali che mi permettono di assumere la giusta dose di proteine nella mia alimentazione quotidiana. Di recente, alla fiera MARCA, ho scoperto una novità molto interessante non solo per chi come me non mangia carne, ma anche per chi vuole ridurne il consumo: il Mopur.
Infatti, i dati statistici ci dicono che in Italia la percentuale di chi segue un’alimentazione vegana e vegetariana è abbastanza stabile intorno all’8% della popolazione. Mentre, aumentano sensibilmente i cosiddetti flexitariani ovvero coloro che scelgono di ridurre la quantità di carne nella loro dieta per prediligere proteine provenienti da fonti diverse come ad esempio le uova, i legumi, ma anche il seitan, il tofu, il tempeh e d’ora in avanti il Mopur.
Immagino che i nomi e soprattutto la composizione di questi ultimi prodotti alimentari che ho citato siano sconosciuti a molti, ecco quindi una veloce spiegazione di base: il tofu è una sorta di formaggio prodotto dalla soia, invece che dal latte, e ha origini orientali; il tempeh è un alimento ricavato dalla soia sottoposta ad un processo di fermentazione; mentre, il seitan è un cibo realizzato con il glutine del grano o di altri cereali.
Ma, come vi dicevo, ora c’è già in commercio in molti supermercati anche il Mopur, un nuovo alimento che porta il nome sanscrito del dio della germogliazione del grano. Il processo produttivo del Mopur è stato inventato e brevettato da un signore veneto di nome Beniamino Anzalone che lo ha prodotto per la prima volata per caso facendo una variante sulla ricetta del seitan. Il Mopur, infatti, proviene sì dal grano ma in combinazione con farine di legumi, ceci o lupini, e lievito madre che fermenta naturalmente l’impasto scindendo il glutine del 40% e rendendolo molto più digeribile. Io l’ho trovato anche molto più gradevole del seitan, sia nella consistenza che nel sapore.
La cosa singolare è che il Mopur viene venduto oggi in GDO grazie ad un’azienda di Bologna che si chiama Felsineo che dagli anni ’60 ha sempre prodotto esclusivamente mortadella ed è ancora oggi leader in questo mercato. Nel 2017, la terza generazione della famiglia Raimondi, titolare della Felsineo, ha acquisito il 60% della società Mopur Vegetalfood Srl e del marchio registrato Mopur, investendo e mettendo in piedi da zero un moderno stabilimento produttivo dedicato proprio agli affettati vegani da affiancare al suo business già consolidato della mortadella, ma sotto un nuovo brand come VeghiAmo.
Bisogna riconoscere che Felsineo ha avuto il coraggio di fare un’innovazione radicale, diversificando il prodotto e rivolgendosi a nuovi consumatori con uno stile alimentare più consapevole, che anche in Italia, patria dei salumi, stanno lentamente aumentando. L’unica nota un po’ stonata, a parere mio, è il nome del prodotto: VeghiAmo. Per prendere un target più allargato e flexitariano di consumatori personalmente avrei scelto un naming differente, improntato maggiormente sulla scelta delle proteine vegetali e sul gusto del prodotto che sull’adesione a uno stile di vita, come quello vegano, che a molti può sembrare estremo e non risultare simpatico.
Dalla mortadella al Mopur, ma il processo produttivo di questi due affettati in fondo non è tanto diverso, solo che al posto della carne viene insaccato un impasto fatto con le farine di cereali e legumi, lieviti, olii, sale e spezie a seconda delle diverse ricette della gamma. I prodotti a marchio VeghiAmo sono anche biologici, OGM free e realizzati al 100% in Italia, a Bologna, nello stabilimento di Felsineo, quindi offrono tutte le rassicurazioni possibili in termini salutari, oltre ad essere una valida alternativa a fonti proteiche da animali.
Insomma, quella di Felsineo a me sembra una bella case history di azienda italiana che guarda al futuro e non si ferma alla tradizione, ma la affianca all’innovazione in modo intelligente.
Valentina Lanza